Storia della mia gente
Da Buenos Aires a Parigi e fino a Spruga fra foto pistole e vitelle
Nel lontano 1923 venne scattata questa foto che ritrae mio zio Siro all’età di 3 anni , non è dato sapere chi fosse all’epoca il fotografo ,si dice che lo zio piangeva e non stava fermo e che ci volle tempo e pazienza , ma alla fine la foto riuscì bella . Lo stesso anno prendeva la direzione di Buenos Aires , mio nonno,infatti, la mandò a suo fratello , venne messa in un pacco e inviata . Il fratello che morì più tardi a Buenos Aires si chiamava Cremiglio detto Crem a quei tempi certo non mancava la fantasia neppure nei nomi . La foto dello zio Siro riprese il viaggio di ritorno negli anni cinquanta con un altro mio zio , ch’era andato in Argentina per regolare certi affari…La fotografia rimase poi nel cassetto di un comò in Valle, per lungo tempo e qui mise quella patina fine e un po’ misteriosa che hanno le foto d’epoca . Passando per altre mani nel tempo, ritornò a casa da dove ottanta anni prima era partita e come questa breve storia, anche il ciclo dell’emigrazione in Argentina si chiuse…
Lo zio Giosafatte invece tornava da Parigi che era l’anno 1930 e portava in regalo a mio nonno Cirillo una bella pistola a due canne , ad avancarica con il calcio di legno. La pistola finì assai presto in mani sconsiderate e inopportune come quelle di mio padre e di suo fratello Ugo che, giovani di quattordici e dodici anni la usavano per sparare a cani e gatti , per minacciare gli uomini e spaventare le donne. Il nonno intervenne dopo parecchie lamentele e sequestrò l’arma. E la nascose .. chissà dove? Mistero!! Anche il nonno nel frattempo morì! Passarono ben 60 anni senza più notizie dell’arma , cioè fino a quando per creare un nuovo comignolo sul tetto della cascina al Monte spostando una pioda trovai la pistola, ormai arrugginita e non più funzionante ma con il calcio ancora in buono stato. La portai a mio padre che mi narrò questa storia. Esaminò l’arma per bene e disse: “Se ben ricordo ci dovrebbero essere sul calcio almeno tre tacche! “Che stavano a ricordare tre morti, come si usava allora .. ma i tre morti della capitale francese furono uomini ..cani . gatti..??
Sul calcio ora le tacche non ci sono più, come tutti i protagonisti di questa breve storia, partiti forse anche loro per Parigi nell’eternità.
In quegli anni ,come in tutto il Cantone a San Martino si vendeva il bestiame , e anche altri prodotti della terra e degli alberi,anche nella Mia Valle si usava così. Quell’ autunno infatti la Fiorenza volle vendere la sua bella vitella e chiamò il mercante . Questi arrivò, in un ancora bello e mite pomeriggio di inizio novembre, e per contrattare il prezzo , la Fiorenza suo marito e il mercante si sedettero sulla terrazza rivolta all’ultimo sole. Di questa donna diremo solo che era prosperosa , bella e piacente , per l’epoca un pochino spregiudicata. Infatti vestiva succinta e non portava invece , ma era un po’ la consuetudine di tutte le donne di allora , non portava biancheria intima .La gonna la portava corta fin sopra le ginocchia. La contrattazione del prezzo fu sicuramente almeno all’inizio senza malizia, ma ascoltate . Il mercante che stava seduto di fronte disse: “Fiorenza ti offro dieci marenghi per la tua bella vitella “, ma lei per contro ne voleva almeno venti . Il marito che stava in piedi, non lontano, continuava e dire “.Fiorenza abbassa” e con gli occhi indicava la gonna che con l’eccitazione della trattativa scivolava ben sopra le ginocchia e lasciava intravedere …ma la Fiorenza insisteva .”.Bella è bella , di pelo è fine e abbassare non abbasso” , il mercante dal canto suo insisteva .”dai Fiorenza abbassa ..no! anzi non abbassare “..Mercanteggiarono a lungo, almeno fino che il sole scomparve verso il Piemonte , e l’aria fredda di novembre sorprese i nostri protagonisti e pose fine alla storia . La Vitella fu venduta per quindici marenghi d’oro.
Eli da Spruga 08